Negli ultimi mesi l’industria olearia tunisina sta vivendo una situazione di forti contrasti: da un lato un incremento significativo dei quantitativi esportati, dall’altro un tonfo dei ricavi dovuto al rapido ribasso dei prezzi internazionali. I dati più recenti dell’Osservatorio Nazionale dell’Agricoltura (ONAGRI) rivelano uno scenario complesso, con implicazioni importanti soprattutto per i produttori locali.
I numeri che descrivono la crisi
- Volumi in crescita: Tra novembre 2024 e agosto 2025 la Tunisia ha esportato circa 252.7 mila tonnellate di olio d’oliva, contro le 181.3 mila tonnellate dello stesso periodo dell’anno precedente, con un aumento del +39,4%.
- Ricavi in calo netto: Nonostante l’aumento delle quantità, i ricavi sono diminuiti di circa 29,5%, passando da 4.804,8 milioni di dinari a 3.386,3 milioni.
- Prezzo medio dimezzato: Ad agosto 2025 il prezzo medio dell’olio esportato è sceso di oltre il 50% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, oscillando tra 7,57 e 17,22 dinari al chilogrammo, a seconda della categoria.
- Circa l’85,3% del volume esportato è olio sfuso, mentre la parte confezionata copre il 14,7%. L’olio extravergine rappresenta la quota più consistente del totale esportato.
- I mercati principali: l’Unione Europea assorbe oltre la metà delle esportazioni (57,4%), seguita da Nord America (27%) e Africa (9,5%).
- L’Italia si conferma come il maggior importatore: riceve circa il 26,8% dell’olio tunisino esportato, davanti alla Spagna (25,5%) e agli Stati Uniti (20,1%).
Il biologico: opportunità e limiti
- Le esportazioni di olio biologico hanno raggiunto le 48,9 mila tonnellate entro fine agosto 2025, per un valore di circa 664,8 milioni di dinari (circa 201 milioni di euro).
- Anche in questo segmento, il confezionato rimane marginale: solo il 6,1% del biologico esportato risulta confezionato.
- L’Italia domina anche in questo settore, con oltre la metà del volume esportato, seguita da Spagna e Stati Uniti.
Cause principali del calo dei ricavi
- Crollo dei prezzi internazionali: L’aumento della produzione globale ha generato un’offerta abbondante che, associata a una domanda non sufficientemente cresciuta, ha fatto precipitare i prezzi.
- Prezzo medio molto basso per il prodotto sfuso, che costituisce la parte più grande delle esportazioni. Il valore aggiunto del confezionamento resta poco sfruttato.
- Costi di produzione che non diminuiscono proporzionalmente, quindi margini in forte erodamento per i produttori, specie quelli più piccoli.
Conseguenze
- Economiche e sociali: produttori che devono vendere quasi tutta la produzione a prezzo basso rischiano margini risicati o perdite, con impatti sulla redditività, sulla sostenibilità della coltivazione, e sulle comunità rurali.
- Competitività e valore aggiunto: il confezionamento, che permette margini maggiori, rimane poco sviluppato, soprattutto nelle piccole realtà che fanno fatica ad accedere a finanziamenti e infrastrutture adeguate.
- Dipendenza dalle esportazioni sfuse espone la Tunisia alla volatilità dei prezzi internazionali.
Il ruolo dell’Italia e opportunità
Per l’Italia, il momento sta rappresentando un’occasione: con prezzi bassi, molti operatori europei approfittano dell’olio tunisino a buon mercato. Ciò però accentua la necessità per la Tunisia di:
- potenziare la filiera del confezionato, che crea valore aggiunto interno;
- investire in strutture, marketing e qualità certificata per accrescere la percezione del proprio olio, specie del biologico;
- diversificare i mercati di sbocco per ridurre la dipendenza da pochi importatori principali;
- proteggere i produttori locali attraverso politiche che stabilizzino i redditi o forniscano garanzie nei momenti di crisi dei prezzi