L’indagine annuale dell’Area Studi Mediobanca conferma l’eccellenza e l’equilibrio del settore vinicolo italiano, tra radici familiari e sfide globali. In un Paese in cui la viticoltura è cultura, identità e impresa, il Veneto si riafferma come fulcro produttivo ed economico del vino italiano. Con un quarto del volume nazionale e oltre il 20% del valore complessivo, la regione guida non solo la produzione, ma anche le esportazioni, con una quota superiore al 35% dell’intero export enologico del Paese.
Dietro questo primato si collocano realtà altrettanto dinamiche come la Puglia (16,1% in volume, 12,6% in valore), mentre Piemonte e Toscana, pur rappresentando insieme meno del 10% del vino prodotto, riescono a raddoppiare il loro peso economico grazie a un posizionamento di fascia medio-alta, raggiungendo ciascuna circa il 10% del valore italiano.
La Sicilia, pur vantando un’importante vocazione produttiva, continua a mostrare un divario tra quantità e valore, un segnale delle potenzialità ancora da valorizzare in termini di brand e mercato.
Un settore in salute, tra performance aziendali e aperture internazionali
I bilanci delle imprese vinicole italiane fotografano una realtà competitiva e ben strutturata. Le aziende toscane si distinguono per il più alto margine operativo (Ebit margin del 16,4%), seguite da quelle lombarde (10,9%). In termini di ritorno sugli investimenti (ROI), brillano Abruzzo (7%) e Piemonte (6,4%).
Sul fronte dell’export in rapporto al fatturato, i campioni sono i produttori piemontesi (63%), toscani (59,5%) e abruzzesi (58,7%), a conferma di una forte vocazione internazionale che premia la qualità e il posizionamento sui mercati esteri.
Nel 2024 spiccano le performance del Friuli-Venezia Giulia, con vendite in crescita dell’8,2% complessivo e +7,1% all’estero, e della Toscana (+2,3% e +4,6%). Ottimismo anche per il 2025, con le aziende abruzzesi che stimano un incremento delle vendite del 7,5%.