Secondo l’Associazione Vinarius, fondata nel 1981 e oggi punto di riferimento per oltre 120 enoteche italiane con un fatturato complessivo che sfiora i 50 milioni di euro, il comparto del vino sta attraversando una fase di profonda ridefinizione. I vini premium mostrano una solida tenuta in termini di valore, sostenuti da una domanda sempre più selettiva, informata e consapevole. Al contrario, le fasce entry level sono chiamate a un deciso cambio di passo: nuovi linguaggi, un riposizionamento più chiaro e modalità di comunicazione rinnovate diventano imprescindibili per restare competitive in un mercato meno orientato ai volumi e più esigente sul piano qualitativo.
Sul fronte industriale, Vinarius rileva un progressivo consolidamento dei grandi gruppi, sempre più strutturati e presenti sui mercati internazionali, affiancato dalla crescita di micro-nicchie ad alto valore aggiunto. Realtà spesso artigianali, fortemente legate al territorio e capaci di esprimere identità distintive, che intercettano un pubblico attento all’autenticità e alla narrazione del prodotto. A trainare la domanda di vini premium italiani sono soprattutto i mercati extra Unione Europea, con Stati Uniti, Canada, Corea del Sud e Giappone in prima linea.
«L’analisi sui trend del vino 2025 e sulle prospettive per il 2026 restituisce l’immagine di un settore in evoluzione», ha concluso il presidente Rossi, sottolineando come il comparto sia oggi chiamato a ripensare modelli produttivi, commerciali e comunicativi.
Una trasformazione strutturale che, se da un lato comporta una contrazione dei volumi di vendita, dall’altro genera un aumento del valore complessivo del mercato. Un contesto sempre più identitario e territoriale, in cui le Denominazioni assumono il ruolo di autentiche narratrici della storia vitivinicola locale, valorizzando le specificità produttive e rafforzando il legame tra vino, cultura e territorio.

