Siamo a Moasca, nel cuore del Monferrato, ospiti di Maurizio Bologna, titolare dell’azienda agricola Cascina Chiarina. Ma Maurizio non è solo un imprenditore agricolo: è anche Presidente della Cantina Sei Castelli, e soprattutto una figura profondamente impegnata nel sociale. La sua è una storia che unisce terra, inclusione e visione etica del lavoro.
Maurizio, partiamo dalle radici: raccontaci la tua storia.
Sono un agricoltore da quattro generazioni. La mia famiglia ha sempre vissuto la terra, e io ho raccolto questo testimone con orgoglio.
Cascina Chiarina è la mia azienda agricola: cinque ettari di Barbera, che conferisco alla Cantina Sei Castelli, oltre a quattro ettari di noccioleti e due di meleti. Le mele sono una passione che mi ha trasmesso mio papà: è un’attività complicata da portare avanti in questa zona, ma continuo a coltivarle, anche solo per me stesso.
Sono presidente della Cantina Sei Castelli da dicembre di tre anni fa. È stata una bellissima esperienza, che mi ha dato modo di conoscere ancora più a fondo il mondo del vino, che per me è sempre stato casa. Sono cresciuto tra i filari, e oggi è un orgoglio poter rappresentare tanti produttori del territorio.
La tua vita però è segnata anche da un impegno profondo nel sociale. Com’è nato questo percorso?
Da ragazzo ho dovuto interrompere il lavoro in azienda agricola per motivi di salute. Questo mi ha portato a lavorare nel settore commerciale e poi, quasi per caso, a conoscere il mondo della disabilità. È stato un incontro che mi ha cambiato.
Da oltre 27 anni mi occupo di disabilità, anziani e residenzialità. Ho fondato una cooperativa che oggi gestisce sei centri per disabili e una casa di riposo. Quest’ultima è nata per un motivo molto semplice: i ragazzi disabili che crescono con noi, invecchiando, non devono cambiare ambiente, perché i riferimenti per loro sono fondamentali. Così abbiamo deciso di continuare a prenderci cura di loro anche nella terza età.
I prodotti che coltivo – mele, pere, nocciole – sono a chilometro zero e vengono utilizzati nelle strutture che gestiamo. Ma c’è anche un valore umano in questo legame. Alcuni ragazzi disabili, dopo un lungo percorso di crescita, oggi vivono in gruppi appartamento e lavorano presso la mia azienda agricola, grazie a borse lavoro e contratti di rete.
Quando raccolgono il frutto del loro lavoro, si sentono utili, partecipi, riconosciuti. Per me è un’emozione fortissima vederli crescere, lavorare, sentirsi parte di qualcosa.
Non sembra solo un lavoro per te. Cosa rappresenta davvero?
Per me non è solo un lavoro. È una missione di vita. Passo i Natali, le Pasque, i fine settimana con i miei ragazzi. Molti sono soli, e noi siamo diventati la loro famiglia. La mia cooperativa oggi conta 82 dipendenti e 110 ospiti. Sì, certo, i conti vanno fatti, il denaro è necessario, ma ciò che ti ripaga davvero sono le soddisfazioni umane. Unire le mie due grandi passioni – l’agricoltura e il sociale – è ciò che mi rende felice e grato.
Hai ricevuto anche importanti riconoscimenti per questo tuo impegno.
Sì, sono stato insignito del titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana per meriti sociali, e nel 2018 sono stato nominato anche Ufficiale al Merito, sempre per lo stesso motivo. Sono riconoscimenti che condivido con tutte le persone che lavorano con me e, soprattutto, con i ragazzi che ogni giorno mi insegnano cosa significhi davvero vivere con dignità e cuore.
Credo che oggi ci sia bisogno di tornare a dare valore alle cose autentiche: ai rapporti umani, alla terra, alla comunità. E se posso fare anche solo un piccolo pezzo di strada in questa direzione, allora ne vale davvero la pena.
Una testimonianza intensa e concreta, quella di Maurizio Bologna, che mostra come sia possibile fare impresa in modo etico, umano e sostenibile. Un esempio di come il lavoro, se vissuto con passione, possa diventare uno strumento potente di cambiamento sociale.