Il whisky statunitense è ufficialmente escluso dalla lista dei dazi di ritorsione previsti dall’Unione Europea. L’annuncio è stato dato in occasione del Vinitaly dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha ribadito la sua contrarietà all’applicazione di misure punitive nei confronti del bourbon americano. Una decisione, ha spiegato il ministro, che si sarebbe rivelata controproducente e potenzialmente dannosa per l’export vinicolo italiano, soggetto a immediate contromisure da parte degli Stati Uniti.
Un rischio non nuovo, già sollevato lo scorso 18 marzo dall’Unione Italiana Vini (UIV), che aveva sollecitato l’intervento dello Stato in sede comunitaria per scongiurare l’innesco di una spirale di ritorsioni commerciali. Del resto, i numeri parlano chiaro: il mercato europeo degli alcolici vanta esportazioni per un valore di 8 miliardi di euro, a fronte di importazioni pari a soli 1,3 miliardi. Un dislivello che rende l’Unione Europea maggiormente esposta a eventuali escalation.
Alla luce dell’attuale instabilità dei mercati internazionali, la rimozione di alcuni prodotti statunitensi dalla lista dei beni soggetti a dazio è apparsa una scelta inevitabile, necessaria a contenere ulteriori tensioni. La proposta è stata fortemente sostenuta da Francia, Italia e Irlanda durante il Consiglio Commercio, ottenendo il sostegno del commissario europeo Maroš Šefčovič, che ha accolto favorevolmente l’iniziativa.
L’intento condiviso è quello di allentare la tensione nella disputa commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea, concentrandosi piuttosto sulla tutela delle rispettive industrie alcoliche, già provate da questa situazione.
Grande soddisfazione è stata espressa dal presidente di UIV, Lamberto Frescobaldi, che ha definito l’intervento del ministro Tajani un risultato di fondamentale importanza per la salvaguardia del comparto vinicolo e, più in generale, del settore degli alcolici europei, che possono ora concedersi un primo, seppur cauto, sospiro di sollievo.
L’obiettivo ora è ambizioso ma condiviso: azzerare i dazi tra Stati Uniti e Unione Europea, dando vita a una vasta area economica di libero scambio, nella speranza di tornare a un commercio aperto e costruttivo, capace di proteggere – anziché penalizzare – le industrie di entrambi i continenti