Nel cuore delle vigne italiane si sta scrivendo una nuova pagina del turismo: quella dell’esperienza immersiva tra botti, filari e degustazioni d’eccellenza. Il comparto dell’enoturismo nel nostro Paese ha raggiunto nel 2024 un valore stimato intorno ai 2,9 miliardi di euro, segnando una crescita del 16% rispetto al 2023, secondo il rapporto dell’Osservatorio Nazionale del Turismo del Vino in collaborazione con Nomisma Wine Monitor.
Un turista che spende e ricerca qualità
L’enoturista, viaggiatore sempre più selettivo, spende mediamente circa 400 euro durante la sua visita in cantina o in vigna: di questi, circa 89 euro sono dedicati all’acquisto del vino, mv entre 46 euro in media vanno all’esperienza della vendemmia turistica, ancora poco diffusa tra le aziende italiane.
L’aumento dell’enoturismo rappresenta una chance concreta per valorizzare aree meno battute dal turismo tradizionale. Le cantine stanno gradualmente ampliando la propria offerta – degustazioni, tour in vigna, soggiorni tra i filari – e puntano a trasformare la visita in un momento di racconto del territorio, della cultura vitivinicola e dell’ospitalità di charme.
Non manca tuttavia qualche ostacolo. Solo il 7% delle cantine propone al momento la vendemmia turistica tra le esperienze offerte. Inoltre, il 76% delle aziende segnala difficoltà nel reperimento di personale qualificato, con un’incidenza che sale all’83% nelle aree del Nord-Est. Questo sottolinea la necessità di un salto evolutivo non solo in termini di offerta ma anche di formazione, professionalizzazione e sistema coordinato.
Se culturalmente il vino è da sempre icona dell’Italia, oggi l’enoturismo lo trasforma in veicolo esperienziale: dal paesaggio alla tavola, dall’accoglienza al racconto di filiera. Perché il vero valore risiede nel “vivere la vigna”, nel comprendere il terroir, nel toccare la botte che ospita il vino e nel brindare in un contesto che non è solo produzione ma racconto.
Le aziende di successo hanno già capito che l’accoglienza, la comunicazione digitale e l’internazionalizzazione sono leve fondamentali: oltre l’80% degli enoturisti proviene dall’estero o da altre regioni italiane.
Il traguardo dei 2,9 miliardi non è solo un numero: è la conferma che l’enoturismo può diventare un pilastro strategico per l’economia vitivinicola e per l’ospitalità in Italia. Tuttavia, per trasformare potenziale in realtà sostenibile, serve una visione sistemica: un coordinamento tra territori, cantine, enti locali e operatori, con un’offerta che integri paesaggio, accoglienza, sostenibilità e tecnologia. Come ha ricordato il presidente dell’Associazione Città del Vino, Angelo Radica, «manca una strategia unitaria di valorizzazione: la crescita è stata in buona parte spontanea».
In sintesi, siamo davanti a un brindisi che non celebra la fine di una vendemmia ma l’inizio di un nuovo percorso: quello in cui il vino diventa esperienza, territorio e racconto.

