Le colline morbide dell’Oltrepò Pavese, ornate di filari ordinati e storie contadine, vivono in queste settimane una tensione che va ben oltre la consueta attesa della vendemmia. Il prezzo delle uve è precipitato a livelli che fanno rabbrividire: si parla di 35 euro al quintale, una soglia che, a detta di molti produttori, non copre nemmeno i costi vivi della produzione. La tempesta non è soltanto economica, ma anche gestionale e identitaria.
Al centro della scena – e della crisi – c’è Terre d’Oltrepò, colosso cooperativo della zona, da mesi in un limbo istituzionale. Dopo il rifiuto del consiglio di amministrazione eletto a giugno, la cantina si trova oggi priva di una guida effettiva, retta unicamente dal collegio sindacale in regime straordinario. Una nuova assemblea dei soci è prevista per l’8 e 9 agosto: all’ordine del giorno, l’elezione di un CDA capace di restituire prospettive e liquidità alle imprese associate.
La denuncia arriva direttamente da chi la terra la lavora ogni giorno. Durante un incontro pubblico a Pietra de’ Giorgi, la consigliera regionale Martina Draghi ha parlato apertamente di viticoltori costretti a sottoscrivere contratti senza conoscere il prezzo di ritiro dell’uva. Una mossa dettata più dalla disperazione che dalla fiducia: “Alcuni – ha dichiarato – hanno firmato a occhi chiusi, pur di garantirsi un minimo di liquidità per affrontare le spese imminenti”.
La cifra proposta di 35 euro al quintale è ben lontana dai 55–60 euro considerati sostenibili. “Si tratta di un deprezzamento insostenibile – lamentano i produttori – che mette a rischio non solo la vendemmia 2025, ma anche la sopravvivenza stessa delle aziende agricole”.
Fondata per garantire ai piccoli viticoltori forza contrattuale e stabilità, Terre d’Oltrepò si ritrova oggi vittima di una paralisi gestionale che ne svuota il ruolo. Le difficoltà non sono solo organizzative: molti soci attendono ancora i pagamenti relativi alla scorsa campagna, compresi i ristori per le perdite causate dalla peronospora.
Secondo alcune fonti istituzionali, la Regione Lombardia starebbe mediando per favorire l’ingresso di un soggetto finanziario “non speculativo”, interessato a rilanciare l’azienda in ottica industriale. L’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi, pur mantenendo discrezione, ha lasciato intendere che l’operazione potrebbe concretizzarsi dopo l’elezione del nuovo consiglio di amministrazione.
L’assemblea di agosto non sarà una semplice formalità: da essa dipenderà la possibilità di riportare ordine, credibilità e risorse in un comparto che rappresenta uno dei motori economici del territorio. Ma la vera sfida va oltre la gestione della crisi. Riguarda il ripensamento di un modello cooperativo che negli ultimi anni ha spesso faticato a rispondere alle esigenze del mercato e a tutelare la dignità economica dei produttori.
La speranza – silenziosa ma tenace – è che la nuova governance possa non solo garantire pagamenti puntuali e valorizzare le uve, ma anche ripristinare un rapporto di fiducia tra cantina e soci, spesso logorato da anni di incertezze.
L’Oltrepò Pavese non è solo uno dei distretti vitivinicoli più estesi d’Italia. È un patrimonio culturale, paesaggistico e umano che merita attenzione, investimenti e rispetto. Salvare la vendemmia 2025 significa salvaguardare l’identità di un intero territorio. La strada sarà lunga e in salita. Ma ogni buon vino nasce dalla fatica, dal tempo e dalla visione.